Lo scorso 7 ottobre è uscito “Ologenesi”, secondo album realizzato dal duo noise anconetano Little Pieces of Marmelade.
Nel 2020, i Little Pieces of Marmelade avevano conquistato il pubblico del piccolo schermo, aggiudicandosi il secondo posto di X Factor sotto la guida di Manuel Agnelli, e oggi, sempre con l’appoggio del leader degli Afterhours, rivelano il loro lato più crudo e istintivo.
Il titolo di questo nuovo lavoro dei Little Pieces of Marmelade in studio riprende la teoria evoluzionistica secondo cui le forme di vita continuano a trasformarsi e i mutamenti nel sound di DD (voce e batteria) e Frankie (chitarre) ne sono un chiaro esempio; Ologenesi nasce dall’oppressione e si sviluppa sulla provocazione, urla e psichedelia intimista, senza perdere l’anima sporca e antiestetica del precedente album L.P.O.M.
Rispetto al lavoro d’esordio L.P.O.M. – una raccolta di brani eterogenei (inediti e cover) suonati durante la partecipazione a X Factor 2020, fatta eccezione per Akane – Ologenesi è evidentemente un prodotto tematicamente molto più coeso. Come vi siete approcciati alla sua realizzazione?
Beh, sì, Ologenesi è sicuramente un disco più completo e decisamente più a fuoco. Alla fine del tour estivo del 2021 ci siamo presi una piccola pausa.
Ci siamo chiusi nel nostro studio e abbiamo iniziato a sperimentare e cercare nuove soluzioni. Tra infiniti deliri e jam abbiamo trovato la nostra via e non ci siamo più fermati.
Abbiamo fatto ogni cosa come volevamo, senza imposizioni. Il disco è venuto da sé, in modo molto organico proprio perché ci sentivamo liberi e alle spalle c’era anche una certa urgenza espressiva.
Il cambio di rotta più evidente è il passaggio da testi in inglese a liriche in italiano. Quanto è stata difficoltosa questa evoluzione di linguaggio?
All’inizio è stato uno grosso scoglio da superare, alto e scivoloso. Più che altro la difficoltà maggiore ha riguardato il discorso sonoro: all’inizio la difficoltà era infatti trovare delle parole che suonassero come volevamo e soprattutto che suonassero bene con quello che stavamo suonando.
L’inglese è molto più musicale specialmente se usato su un tappeto musicale come il nostro. Cominciare è stata veramente dura, da mettersi le mani nei capelli, poi abbiamo trovato una quadra e le cose sono andate decisamente meglio.
Pensando ai brani contenuti in Ologenesi (nello specifico Canzone 10) è inevitabile fare un collegamento con i Verdena, già indicati più volte come vostra ispirazione. Come percepite il confronto con una band così iconica del panorama alternativo italiano? Quali sono stati gli artisti che avete ascoltato di più durante la composizione di Ologenesi?
I Verdena sono la nostra band italiana preferita. Siamo cresciuti con la loro musica e abbiamo un sacco di ricordi legati ai loro dischi.
L’influenza è ovviamente inevitabile ma onestamente non crediamo ci sia spazio per un confronto. Loro sono dei mostri sacri, con 25 anni di carriera alle spalle mentre la nostra è appena iniziata.
Abbiamo tanta strada e lavoro da fare… speriamo di arrivare dove sono arrivati loro. Per il resto, tra gli altri ascolti assidui dell’ultimo periodo ci sono sicuramente Daniel Johnston, Death Grips, Sangue Misto e Sleep… ma di musica ne ascoltiamo sempre tantissima.
Canzone 5 mi è sembrata la canzone più diretta e attuale dell’album, in grado di creare un ponte musicale rispetto alla precedente Digital Cramps. Come nasce il brano?
Canzone 5 è pura furia sonora, nasce nell’estate del 2021. Avevamo tutta la backline in tour quindi l’abbiamo registrata con una sorta di strumentazione di scorta. Una chitarra presa di qua, una grancassa di là, due cavi a destra, un fusto manca…
Era un momento particolare, ci girava il cazzo per un sacco di cose che in quel periodo non andavano ed eravamo piuttosto incazzati. Invece di uscire e menare qualcuno a caso abbiamo scritto Canzone 5.
L’uscita di Ologenesi è seguita da una serie di live cominciati la scorsa primavera. Come pensate che il vostro pubblico possa recepire questo nuovo materiale, tanto diverso quanto in linea con il vostro passato musicale?
Non ne abbiamo idea, davvero. La speranza è che apprezzino e che siano curiosi di sentirlo dal vivo questo disco. Certo l’ascolto è più difficile rispetto al primo album… non c’è la One Cup of Happiness, per esempio. E il cantato in italiano sicuramente darà al tutto una connotazione diversa sia per significato che per sonorità.
In fondo però è proprio questo che volevamo. Restare fermi alle nostre produzioni precedenti sarebbe stato più facile ma anche meno stimolante. E poi in effetti, come dici tu è diverso, ma segue sempre un percorso che ci appartiene e ci rispecchia.
Nella produzione dell’album siete stati affiancati da Manuel Agnelli, già vostro giudice ai tempi di X Factor. Quanto è stato rilevante il suo apporto per lo sviluppo di Ologenesi?
Manuel è stato importantissimo per questo lavoro, ha aiutato DD a rifinire qua e là qualche testo, ha seguito giorno per giorno la fase di mix e mastering. In studio è stata una presenza fondamentale.
Lavorare con Manuel è stata un’esperienza incredibile e fondamentale per la nostra crescita e per la nostra formazione. Ci ha arricchito molto, senza alcun dubbio, sia dal punto di vista professionale che da quello umano.
Ologenesi sembra un prodotto praticamente non etichettabile. Dovendolo incasellare obbligatoriamente in un genere, come lo descrivereste?
Esatto, non riesco a incasellarlo. In linea di massima però non amiamo nemmeno incasellare cose in generale, quindi se proprio volessi definirlo, potremmo dire che è un disco noise, psichedelico, sperimentale e SWAG!
Anche sul piano visivo si riflette questo forte desiderio di muovervi in direzione ostinata e contraria rispetto alle classificazioni e agli stilemi dell’oggi più pop. Com’è stato lavorare al videoclip di Canzone 10?
È stato divertentissimo, volevamo la cosa più vera e spontanea possibile, niente di patinato o costruito.
Volevamo raccontare noi stessi e sentirci a nostro agio durante le riprese: ecco perché abbiamo deciso di girarlo con il nostro amico Loris Cericola e abbiamo improvvisato quasi tutto.
Il video si è fatto nel concreto con il lavoro di montaggio e video feedback. Siamo contenti perché alla fine è uscito proprio quello che avevamo in mente.
di Francesca Marchesini
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