La Belle Epoque è una band alternative-rock bergamasca attiva dal 2009 e dopo qualche anno di silenzio ha pubblicato un nuovo singolo dal titolo Tutto quello che saremo.
Con questo lavoro La Belle Epoque sembra aver trovato nuova maturità sonora, un singolo di rottura che mette (temporaneamente) da parte chitarre e distorsioni per lasciare spazio ad un dialogo incalzante tra sezione ritmica e tastiere. Parole potenti, come una pietra in faccia.
Abbiamo deciso di parlarne direttamente con loro.
Essere indipendenti è anche sinonimo di essere alternative?
Non necessariamente. Alternativo è qualsiasi cosa che si discosta da un canone identificativo preciso. Nell’accezione più comune dei generi musicali può avere sicuramente senso. Indie ed indipendente sono diventati nel tempo (per lo meno in Italia) termini da grande etichetta e da mainstream che, per carità va benissimo e ben venga, ma hanno perso il senso originale del “farsi e prodursi da soli”.
Cosa potete anticiparci del vostro album in uscita?
E’ un disco alla quale abbiamo lavorato per molto tempo, siamo sempre stati abbastanza maniacali nella ricerca degli arrangiamenti e delle strumentazioni, e per questo nuovo disco in particolare abbiamo voluto tirare una linea di confine ben definita rispetto al precedente. Sarà un disco molto intimo.
Che effetto ha avuto la pandemia sulla scrittura dei vostri nuovi pezzi? E se sono nati prima, sarebbero stati forse diversi visto quello che abbiamo vissuto?
Tutto il materiale contenuto nel disco è nato prima dell’evolversi della pandemia, ma è davvero curioso come riascoltando i brani durante i mesi di lockdown, gli stessi acquisissero man mano attualità e nuove accezioni. Forse quello che abbiamo vissuto ci ha dotati di una nuova, contemporanea e più sviluppata sensibilità.
Perché avete pensato che Tutto quello che saremo fosse il modo migliore di introdurci nel mondo del vostro nuovo disco in uscita?
In primis perché crediamo sia un pezzo decisamente di rottura rispetto alla nostra forma canzone dei lavori precedenti, partendo dai suoni e dagli strumenti utilizzati sino ad arrivare alla linea melodica vera e propria, molto particolare soprattutto nel ritornello. Inoltre, riallacciandoci alla domanda precedente, questo brano ci pone di fronte ad una visione dei rapporti interpersonali che ognuno crediamo abbia completamente rielaborato in questi difficili mesi.
Che effetto vi fa ascoltare Rumori dal piano di sotto?
“First reaction: Shock!” come dovrebbe qualcuno! Scherzi a parte, sicuramente sarebbe un ascolto divertito e sincero, come del resto era esattamente quel primissimo ep, tutta la nostra sincera voglia di suonare e comporre qualcosa di veramente nostro. Anche se acerbi quei brani ci sono serviti moltissimo per trovare una nostra dimensione piano piano sempre più personale.
Se fossimo nuovi delle vostre zone, dove ci portereste?
C’è un posto decisamente particolare alla quale siamo molto legati in quanto è stata la location della nostra primissima session fotografica ormai svariati anni fa. Si tratta di Crespi D’Adda, un piccolissimo villaggio industriale di fine ‘800 ora patrimonio dell’Unesco. Un esempio di esperimento urbanistico ed architettonico di notevole interesse, merita sicuramente una visita.