L’uscita di Se Nascevo Femmina (GoodFellas/Lapidarie Incisioni) ha presentato a tutti una nuova Ilaria Viola: pungente e ironica, va dritta al punto e ci racconta della scomodità dell’essere donne in un mondo di etichette.
Arrangiato insieme a Giacomo Ancillotto, con la produzione artistica di Lucio Leoni, questo album è fresco e duro allo stesso tempo. Un frullato di energia e consapevolezza che vale la pena assaporare.
Il 24 maggio è uscito Se Nascevo Femmina, il tuo nuovo album. Partiamo dal titolo, che suona un po’ come la rivendicazione di un nuovo, o diverso, senso della parola femminilità. Ci spieghi meglio?
Più che una rivendicazione è una provocazione. L’essere femmina e l’essere donna dovrebbero coincidere, ma uso in questo caso il termine “essere femmina” per descrivere la stereotipizzazione dei comportamenti generalmente affibbiati alle donne.
Dalle donne ci si aspettano specifici comportamenti e quando questi mancano siamo subito indicate come “maschiacci”.
Voglio andare contro questo concetto univoco di donna, instillato in noi fin dalla più tenera età, che ci vuole madri, etero, monogame, e così via.
Vai a toccare il tema dell’iperfemminilizzazione della donna, in una società che ci vuole necessariamente dolci, carine, sensuali, materne e magari sempre impeccabili e sorridenti con un approccio molto ironico, persino dissacrante per alcuni versi. Da artista donna, quanta strada c’è ancora da fare in Italia per la parità di genere nell’arte?
È la prima volta che dico questa cosa, che nasce da una riflessione recentissima.
Nel primo disco ero molto più femminile, sia nel modo di fare che nel modo di cantare. Mi paragonavano tutti a Gabriella Ferri o a Mina, cantanti che amo e stimo. In questo nuovo album invece i paragoni che mi sono stati fatti sono tutti maschili.
Mi sono chiesta il motivo e mi sono resa conto di quanta strada da fare ancora ci sia. Gli esempi di donne che non l’hanno mandata a dire sono molti, pensa a Gianna Nannini in America, ma anche ad Elisa. La prima perennemente paragonata a Vasco Rossi, mentre la seconda nell’immaginario comune è una cantautrice assolutamente femminile, nonostante i contenuti veicolati siano molto affini.
La strada da fare è quindi non tanto su quello che abbiamo da dire e diciamo, quanto piuttosto sulle modalità. Io ho scelto un modo più aggressivo di dire le cose, meno convenzionale e probabilmente percepito come estraneo al cantautorato femminile come lo si aspetta.
Colgo il tuo riferimento all’album precedente e alle differenze con il tuo nuovo lavoro proprio per parlare della svolta decisamente secca che hai dato al tuo percorso. Cos’è successo in questi 5 anni e cosa ti ha portata a questa evoluzione musicale?
Principalmente ha contato molto il tempo passato dall’inizio dei miei studi. 5 anni fa mi trovavo nell’ultima fase di studio forsennato, ero alla ricerca del bello e della perfezione. Non volevo comunicare, ma creare una cosa bella.
Dopo essermi allontanata dalla musica per alcuni mesi, mi sono resa conto di avere un’urgenza di comunicare al mondo la mia rabbia, quello che ho da dire, e che questo non poteva essere soffocato. Anche la musica ormai fa parte di me, per cui non potevo allontanarla facilmente.
Tutto questo ha portato ad un ritorno alle mie origini rockettare, che uso per raccontare le cose che mi fanno arrabbiare!
A proposito di influenze, pensando alla musica contemporanea italiana: quali sono gli artisti e le artiste che più ti affascinano? Con chi sogneresti di duettare?
Sono partita dal Banco del Mutuo Soccorso, di cui ho letteralmente sciolto i dischi. Poi i Blu Vertigo, L’Assenzio è tutt’ora uno dei miei brani preferiti. Poi la composizione classica con De André e Fossati… Sono approdata agli Avion Travel, con Peppe Servillo che mi ha aperto il cuore.
Per quanto riguarda l’indie: il primo cantautore indie che ho sentito nella mia vita è stato Giovanni Truppi. Il disco all’inizio non mi ha colpito fino in fondo. Poi l’ho sentito dal vivo e tutto è cambiato: è nato l’amore totale.
Giovanni è un genio, i piacerebbe moltissimo collaborare con lui.
A proposito di collaborazioni, hai voglia di parlarci un po’ della collaborazione con Giacomo Ancillotto e Lucio Leoni? Cosa hai imparato da loro?
Giacomo mi è stato consigliato da Lucio per l’arrangiamento dei pezzi. È un folle totale, anche più di me. Era uscita una cosa incomprensibile ma meravigliosa.
Lucio ci ha poi riportati con i piedi per terra, mettendomi a fianco dei musicisti più morbidi e pop che hanno reso l’album più fruibile. Sempre lui in post-produzione ha fatto il resto.
Giacomo ha tirato fuori la mia follia, Lucio mi ha riportata sulla Terra.
Adesso cosa ti aspetta? Lo suonerai un po’ in giro questo bellissimo nuovo album?
Questo album doveva uscire ad aprile, ma abbiamo avuto dei ritardi ed è stato difficile mettere su una tournée estiva. Si terrà un release party a Na Cosetta Estiva, alla rassegna Famo Estate l’1 luglio. Ci saranno alcune date di apertura, ancora da specificare. Stiamo lavorando poi al tour autunnale.