Antonio Francesco Daga, in arte Gionta, è uno di quegli artisti che hanno molto da raccontare.
Dopo l’esordio con il disco Space Monkeys (pubblicato con lo pseudonimo di Antonio F.), il cantautore sardo torna con un nuovo album e una nuova identità artistica e rinasce con il nome d’arte di Gionta.
Il suo ultimo lavoro pubblicato è Eyes of a desperate soul, un album di nove tracce in cui la parola sperimentare è il fil rouge che tiene unito l’impianto compositivo, abbinato all’energia e all’esplosività di ritmi incalzanti e il costante gioco di contrasti.
Tra sperimentazione, riappropriazione dell’identità e concerti improvvisati in Polonia, Gionta ha subito attirato la nostra attenzione e abbiamo deciso di fargli qualche domanda per conoscerlo meglio.
Eyes of a desperate soul è un disco in cui è molto forte il concetto di identità, quindi parliamo di questo: chi è Gionta e come convive con Antonio Francesco Daga?
Gionta è il cognome di mio padre. Il cognome che avrei dovuto avere anche io, ma che purtroppo per via di varie vicende particolari che a volte accadono nella vita non ho mai avuto. Ho pensato che il nome d’arte fosse un modo molto romantico di “riprendermelo”.
Antonio Francesco Daga è un semplicissimo ragazzo di 26 anni che viene da una piccola frazione vicina alla cittadina di Alghero, in Sardegna. Assieme al momento convivono abbastanza serenamente.
Nei tuoi lavori fai grande uso del vocal looping. Come ti sei avvicinato a questa tecnica?
Già dal 2016 avevo in mente di iniziare un progetto solista che prevedesse la mia capacità di armonizzazione, che è sempre venuta fuori ad orecchio. Da piccolo sognavo di fare il corista e ho voluto realizzare in qualche modo questo desiderio (nel 2019 con il mio EP Space Monkeys) facendo diventare me stesso un coro.
Nel 2016 sei finito a fare un tour in Polonia insieme a Fabrizio Zara (chitarrista). Questa cosa ci ha molto incuriosito, soprattutto oggi che parlare di tour internazionali pare ancora un miraggio. Hai voglia di raccontarci di più?
Successe mentre suonavamo in un noto locale estivo ad Alghero. Incontrammo due ragazzi polacchi (diventati poi nostri carissimi amici) che mi avevano sentito la sera prima mentre mi esibivo con la mia vecchia band in un altro locale. Ci hanno visti seduti al fianco della nostra strumentazione, ci hanno salutati dicendoci di avermi riconosciuto e si sono fermati lì a sentirci.
Finito il concerto siamo stati invitati ad andare a suonare a Breslavia ospiti a casa loro (dei nostri due nuovi amici). Ho pensato fosse una delle solite promesse che fanno alcune persone quando ci vengono a sentire: “Oh, bravissimi eh! Ho un amico che ha un locale e gli dirò assolutamente come suonate. Gli faccio anche sentire i video che vi ho fatto. Teniamoci in contatto, mi raccomando!”. Non si fanno mai risentire…
Non è stato questo il caso. Un mese dopo (era settembre) ci siamo risentiti con loro che ci hanno detto di aver organizzato tre eventi per fine novembre 2016 con tanto di locandine già pronte. Avevamo io 21 anni e Fabrizio 23.
È stata un’esperienza bellissima colma di nuove conoscenze e nuove amicizie, ed è stato per noi un successo poter suonare le nostre canzoni ascoltati con attenzione da un pubblico straniero, per noi che in quel momento eravamo stranieri, mentre spiegavamo di cosa parlavano.
Tra tutte le tracce presenti in Eyes of a desperate soul, qual è quella a cui sei più legato e perché?
Sono legato veramente a tutti i brani ed in particolar modo a tutti i testi. Molto legato a Regrets, per via del suo testo e delle sensazioni che ho provato mentre la scrivevo è che tornano, vive, ogni volta che la risento. Anche Eyes of a soul e Mental age a livello sonoro mi riportano ad un qualcosa di davvero intimo.
Che cosa ascolti quando non sei impegnato a creare?
Ultimamente Alt-J, Ghemon ed i cantautori italiani di tutte le ere. Ascolto tanto i Massive Attack, i Muse e i Daft Punk. Musica elettronica ma anche e soprattutto Pearl Jam, Foo Fighters, Led Zeppelin. Ascolto anche il folk moderno. Insomma, mi piace spaziare e, appunto, sperimentare fra le varie influenze.
Hai già in mente i prossimi step per il 2021 per Gionta?
Il primissimo step, intanto, sarà quello di uscire indenni (per quanto possibile) da questa brutta situazione. Vorrei tornare immediatamente a suonare e vorrei dare un degno spettacolo di presentazione ad Eyes of a desperate soul, con la musica a farla da protagonista, ovviamente, ma non solo. Ho tante idee e spero che non manchi mai la motivazione per realizzarle!