All’anagrafe Tommaso Selmi, Frejico nasce a Livorno nel 2000. Comincia a scrivere le sue canzoni durante la quarta liceo, iniziando a pubblicare su YouTube i primi pezzi, cantati in cameretta con la sua chitarra.
Dopo aver pubblicato quattro inediti ‘’grezzi’’, Frejico conosce Andrea Fede, produttore e amico che lo accompagnerà nella sua crescita sia come artista che come musicista.
Insieme a lui arrangia i nuovi pezzi e comincia a pubblicare canzoni in maniera completamente indipendente totalizzando un numero ascolti di tutto rispetto. L’EP è stato scritto e composto da Frejico, arrangiato e mixato da Andrea Fede.
“Placebo” è musica che inconsapevolmente (come il ‘’placebo’’) cura, aiuta a superare ed andare avanti. In primis per l’artista, Placebo è liberazione, sfogo, e motivazione.
Questo EP è la descrizione di un anno difficile che vede l’alternarsi di momenti più tristi a momenti di insicurezza e bisogno di nuovi stimoli.
Ciò che spinge Frejico a scrivere è il bisogno di superare la fine di alcuni rapporti con persone importanti perse durante questo anno, situazioni che l’hanno portato a riscoprirsi e a fare un viaggio interiore attraverso le canzoni.
L’abbiamo intervistato ed ecco cosa ci ha raccontato.
Partiamo dal principio, chi è Frejico e che musica fa?
Frejico è un ragazzo di vent’anni che scrive musica prima per se stesso e poi per gli altri (o almeno ci prova). Non è facile attribuirmi un genere musicale da solo, credo di rientrare nel nuovo cantautorato italiano quindi probabilmente nell’indie (pop).
Mi viene quindi naturale chiederti, che musica ascolti?
Credo di avere molte influenze. Spazio molto, adoro quasi tutti i generi musicali ma prediligo il cantautorato, soprattutto quello italiano, però ascolto anche molta musica internazionale, al momento ad esempio mi piace molto Dayglow e Austin Prince.
Come nascono di solito le tue canzoni?
Non è facile rispondere a questa domanda perché alla fine poi ogni canzone nasce in modo diverso. Generalmente io scrivo molto, tutti i giorni, una frase, una parola, che mi viene in mente io la scrivo. Quando prendo in mano la chitarra di solito o il piano e creo un giro, riprendo qualcosa che ho scritto e da lì nascono.
L’anno che abbiamo passato ha messo a dura prova tutti, in che modo la musica ti ha aiutato ad affrontare anche i momenti di sconforto?
Penso che senza musica non avrei mai superato questo momento di tristezza e noia, nonostante durante il primo lockdown io non abbia scritto molto. Vivo con le cuffiette nelle orecchie, non riuscirei a stare senza la musica, quella degli altri ma soprattutto la mia.
Placebo è il tuo EP d’esordio, i cinque brani che ne fanno parte sono una fotografia sincera dei tuoi vent’anni, cosa senti di dire ai tuoi coetanei che magari possono immedesimarsi nei testi?
Credo che ciò che ho descritto non sia una cosa completamente solo mia, ovviamente sono vissute e descritte a modo mio, ma sono cose che prima o poi in un modo o in un altro succedono a tutti.
Voglio solo dare un consiglio, oltre ad invitare le persone ad ascoltare Placebo, voglio solo dire che il tempo è l’unica medicina e l’unica cosa che aiuta veramente a superare oltre alla musica e alle persone che ti vogliono veramente bene.
Una traccia in particolare mi ha colpito e sto parlando di “Il mondo da qui”, un brano in cui parli di limiti spesso ci mettiamo noi stessi, prima che lo facciano gli altri. Quante volte ti sei sentito così?
Mi sono sentito spesso così, e credo che prima o poi tutti possano provare una sensazione del genere. Credere che sia solo tu quello a cui vanno male le cose è una cosa che fa stare male, vedere sempre tutto grigio non fa bene ma bisogna passarci per rialzarsi e ricominciare a vedere ‘’i girasoli’’ e la vita a colori.