Lo scorso 11 marzo, sulle principali piattaforme digitali, sono usciti due nuovi pezzi a firma VRCVS, progetto solista di Filippo Rieder.
Filippo è il batterista dei Fine Before You Came, una delle band più apprezzate del nostro underground (il live report di uno degli ultimi concerti della band lo trovate qui). Poco, o anzi per nulla, avvezzi a sottostare alle consuete regole del mercato, i FBYC sono abituati a regalare ai loro fan le nuove uscite senza preannunci, senza alcun tam tam promozionale. Sono una sorta di pigna, “sono e sempre saranno Marco, Filippo, Mauro, Jacopo, Marco”, questa è da sempre la loro bio.
E anche le uscite di VRCVS sono una sorpresa. Una scoperta che i fan possono fare attraverso i canali social, Facebook e Instagram, trovandosi ad un tratto svoltate le giornate.
Partendo dall’elettronica, la musica di Rieder spazia dallo showgaze al dream pop, dall’emo all’ambient. Ma forte è anche la presenza di richiami al dark e alla new wave. A partire dal 2013 ad oggi ha realizzato una serie di EP, split e singoli, rendendo anche omaggio a musicisti di generi molto distanti, con alcune cover (da Mazzy Star a Cyndi Lauper) e remix, come quello del brano di Myss Keta Una vita in Caps Lock, uscito nel 2018 .
Ho avuto il grande piacere di parlare con Filippo Rieder di questi due nuovi pezzi a firma VRCVS, dal titolo “Non ho smesso di cercarti” e “Kaukokaipuu”, e di molto altro ancora.
Posso chiederti prima di tutto come sta il tuo braccio?
Sei molto cara a chiederlo, sta meglio grazie. Questa frattura al 3 di gennaio è stata un minuscolo antipasto di quello che entro poco sarebbe diventato un gigantesco banchetto a base di merda per tutto il mondo.
Allora, vorrei partire dai due nuovi brani. Sono l’anticipazione di un nuovo disco?
In realtà saranno una serie di uscite da un paio di pezzi l’una. Magari alla fine li raccoglieremo tutti in un disco fisico – vedremo con Luca come fare – ma di base avevo voglia e bisogno di fare uscire qualche pezzo [Luca Benni è il fondatore dell’etichetta To Lose La Track n.d.r.].
Hai già pronti altri brani?
L’ultima mia uscita è ormai di qualche anno fa, nel frattempo ho prodotto molte tracce, alcune più finite di altre, alcune finalizzate e pronte per uscire, ma che non mi sento ancora di far uscire. Altre tracce sono invece semplicemente abbozzate. Insomma, diciamo che questi due pezzi, e i prossimi di questa serie, sono il frutto di un relativamente breve periodo in cui mi sono messo alla prova scrivendo con pochi strumenti, poche sovrastrutture e arrangiamenti essenziali. Man mano che i pezzi saranno pronti li farò uscire con la stessa modalità di questi primi due.
Si scrive VRCVS e si legge URCUS. Qual è la genesi del nome? Mi sono sempre chiesta se si trattasse di un acronimo, o chissà cosa.
VRCVS deriva da una gag nata in tour coi Fine Before You Came. Nessuna ricerca particolare, nessun significato nascosto o intellettuale, niente di così premeditato. Mi piaceva, era nato tra di noi, era giusto.
Nei tuoi brani accogli sempre tanti ospiti. Da Jacopo Lietti (la presenza più costante a dare voce ai tuoi brani) a Michele Camorani (alias HAVAH), da Rocco Rampino (The Death of Anna Karina) a Costanza delle Rose (Be Forest)…
Ti interrompo subito dicendo che Rocco (purtroppo) non ha mai partecipato a uno dei miei pezzi, mi piacerebbe tantissimo ma non ne ho mai avuto l’opportunità. Temo che sarebbe quantomeno ottimistico pensare che possa aver tempo o voglia o possa essere interessato. Comunque Rocco, se ti va, quando ti va, io ci sono eh!
Giusto, Rocco Rampino ha partecipato ai pezzi dello split firmati da HAVAH, non ai brani tuoi. Sorry… Rispetto alle numerose collaborazioni mi chiedevo come avviene il processo di creazione? Componi un pezzo e decidi dopo chi potrebbe esserne l’interprete più adatto? Oppure viene prima l’idea dell’amico da coinvolgere e su quella cuci un brano che ritieni possa essergli/le più congeniale? Sempre che ci sia prevalenza di una scelta sull’altra, ovviamente…
Le collaborazioni fino ad ora sono nate in maniera molto naturale. Jacopo, Marino, Marcone, Marchetti e Ale, ci sono sempre e sono famiglia, oltre che i miei musicisti preferiti dell’universo (che partecipino o no attivamente). Senza di loro probabilmente non avrei mai fatto uscire un pezzo [si tratta di: Jacopo Lietti, Mauro Marchini, Marco Monaci e Marco Olivero dei FBYC, e Alessandro Caneva di Mobsound, n.d.r.].
Di solito io preparo le basi, capisco come potrebbero essere finalizzate e magari mi viene in mente che ci potrebbe stare benissimo la voce di quell’amic*, o il basso di quell’altr* o la chitarra di James Hetfield. Dopo viene la parte in cui passo la patata bollente e si inizia a lavorare insieme sulle nuove parti e i relativi arrangiamenti. Negli anni passati in giro a suonare ho conosciuto un sacco di persone super talentuose, molte delle quali sono diventate amici. E molti di questi amici sono stati coinvolti, altri mi piacerebbe lo fossero, altri ancora lo saranno. Staremo a vedere chi non mi ha ancora bloccato dai suoi contatti.
VRCVS è sicuramente un progetto non facile da portare live. Se non sbaglio lo hai fatto solo un paio di volte: all’indomani dell’uscita del 10 pollici con gli HAVAH per Solo Vinili (il negozio di dischi di Milano ormai chiuso), con una formazione allargata ad una serie di amici, e poi lo scorso gennaio da solo. Quando la situazione tornerà alla normalità, cosa che speriamo tutti presto, pensi di riprendere l’attività dal vivo?
Vero. VRCVS live è un pensiero che si è sempre risolto con un Gaviscon. Il live in formazione allargata per Solo Vinili è stato molto bello per noi. Molto divertente la preparazione e il ri-arrangiamento dei pezzi come banda. Spero altrettanto bello il risultato, di cui non esiste traccia né audio né video, quindi forse non è mai successo.
E il live a solo?
A fine gennaio, per il compleanno di To Lose La Track, l’ho voluto fare con tutto il cuore. Qualche tempo prima mi aveva scritto Luca, anticipandomi della festa, e mi aveva chiesto se avessi voluto partecipare, in qualsiasi veste, anche solo mettendo dei dischi. Io ci ho pensato un po’, escludendo da subito la questione metter dischi, e ho cominciato a provare seriamente a organizzarmi per portare qualche pezzo live da solo. Il risultato son stati una quarantina di minuti strumentali, con dei visual di contorno per rendere il tutto auspicabilmente meno ostico e più evocativo. È stato molto bello per me, mi sono sentito molto bene e mi piacerebbe rifarlo e continuare a farlo. Ovviamente ho scelto il momento migliore.
Nei live con la band sei abituato a stare nelle retrovie, “protetto” da casse e rullanti. Com’è stato affrontare il palco, e il pubblico, da solo?
Davvero non pensavo che sarebbe stato così bello… Ero molto teso e l’idea di essere da solo a gestire tutto mi riempiva di ansia, da prestazione e non. Complice l’atmosfera di totale serenità, complici i molti amici e la grappa, alla fine appena salito sul palco, come spesso succede, è sparito tutto il brutto ed è andato tutto bene. Magari con due grappe in meno mi sarei ricordato di attaccare la mia catena di effetti al mixer, ma per me è stato stupendo in ogni caso.
Anche i visual che hai proiettato sono opera tua?
I pezzi sono molto rarefatti, poco strutturati, alcuni piuttosto dilatati, delle immagini evocative a sostegno ho pensato potessero rendere l’ascolto meno impegnativo e il live una sorta di colonna sonora di ciò che veniva proiettato. Così ho cercato delle immagini che potessero essere in sintonia con la parte strumentale, in effetti uno dei miei più grandi sogni è scrivere una colonna sonora.
I tuoi pezzi, a mio parere, sarebbero perfetti come colonne sonore. È una cosa che ho sempre pensato. E credo che questo valga forse ancora di più per un brano come “Kaukokaipuu”. Ma, per tornare ai visual, si tratta di immagini digitali o rielaborazioni di riprese?
Si tratta di immagini libere da diritti trovate in rete, più rielaborazioni di riprese mischiate e rieditate.
Pensi di renderle pubbliche? Le vedremo magari ad accompagnare i brani su YouTube? O le hai pensate esclusivamente per i live?
Non ne ho idea, non ci ho assolutamente pensato. Probabilmente le terrò come accompagnamento esclusivo per eventuali live, se e finché ce ne saranno, dopodiché capirò che farne.
Vorrei spostarmi un attimo anche sui Fine Before You Came, se non ti dispiace. Una cosa che mi è capitata spesso, ascoltando i vostri pezzi, è stata quella di provare una sorta di personale rammarico per non aver potuto vivere la vostra musica durante gli anni del liceo (ahimè già passati da più di un bel po’). Anche se in realtà i vostri testi (anche i tuoi come VRCVS) hanno come costante una sorta di disillusione tipica degli over 30. Ti è mai capitato di pensare ad un determinato target nel comporre un brano?
Credo di poter parlare a nome di tutti noi FBYC (e di riflesso lo stesso vale con VRCVS) rispondendoti che in quello che facciamo e abbiamo fatto non c’è nessun tipo di rammarico, rispetto a qualcosa che avremmo voluto vivere ma non abbiamo vissuto, o che avremmo voluto fare e non abbiamo fatto.
No, no, assolutamente, non intendevo questo. Mi spiego meglio: sono io a rammaricarmi di non aver avuto voi come colonna sonora dei miei anni del liceo!
Ah, ecco. Guarda, noi ci mettiamo a nudo davanti a tutti, di tutte le generazioni che ci vogliono ascoltare. Il fatto che arriviamo a chiunque ce ne dia l’opportunità in maniera analoga è una cosa strepitosa, una sorta di empatia naturale inaspettata, ma bellissima. Sempre che questo succeda, eh! Ma del resto siamo ben consci che non si può né si deve piacere a tutti per forza. Abbiamo sempre fatto quello che sentivamo giusto nel momento in cui sentivamo lo fosse. I pezzi sono uno specchio di noi e delle nostre vite, senza fronzoli o costruzioni particolari e ricercate. Un processo assolutamente naturale, schietto e sincero.
Il mio riferimento era ad un’immagine da “La domenica c’è il mercato”, ovvero quella dei “cancelli scavalcati”. Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto sentirla (e urlarla) da ragazzina. È come se fosse una sorta di nostalgia la mia, un amarcord per qualcosa che non c’è stato.
Io penso che non smetteremo mai di scavalcare cancelli.
Dj set dalla propria cameretta, live dall’home-studio, incursioni dal divano di casa. Io ormai segno le cose da seguire sull’agenda, come quando avevamo degli appuntamenti reali. Sul tuo profilo Instagram ci hai abituati da diversi anni ad ascoltare pillole delle tue sperimentazioni casalinghe. Hai pensato anche a qualcos’altro per questo periodo di quarantena?
In realtà no, niente in particolare. Cerco di canalizzare questa situazione in ciò che mi piace fare, quindi sperimentare, buttare giù idee, suonare. Non pianifico, quando ho qualcosa da dire, da condividere, lo faccio super volentieri, altrimenti me ne sto nel mio.
Secondo molti, il momento che stiamo vivendo sarà una sorta di spartiacque. Niente sarà più come prima e probabilmente si riconoscerà maggiormente il valore di alcune cose, considerate ovvie, ma che oggi ci mancano o comunque vediamo da un’altra prospettiva. Dovrebbe aspettarci un mondo nuovo lì fuori, secondo alcuni un mondo migliore. Personalmente sono piuttosto scettica sull’ipotesi di una palingenesi e in questi giorni il mio pessimismo oscilla tra il “non ce la faremo” e il “se ce la faremo non saremo comunque in grado di migliorare in tante cose”…
Ci sarebbe davvero molto di cui parlare e su cui ragionare rispetto a questo argomento. Credo anch’io che nulla sarà più propriamente come prima, saranno necessari adattamenti e cambi di prospettiva rispetto alle routine a cui siamo abituati. Sarebbe bello riuscire a tramutare questo momento assurdo in un’opportunità di analisi, di azione consapevole e di miglioramento, anche nelle piccole cose. Personali e globali, per noi, per i nostri e i figli di tutti. Sarà difficile, ci vorrà impegno, non è detto che ci si riesca, ma vale la pena di provare no?