Candidata come miglior opera prima al Premio Tenco 2015, la cantautrice Elena Sanchi ritorna dopo tre anni lontana dalla scena musicale con “Risveglio”.
Lorenzo D’Antoni l’ha incontrata per farselo raccontare.
Ti sei allontanata dalla discografia per qualche tempo e ora hai fatto ritorno: puoi spiegare le ragioni di questo tuo “Risveglio”?
Sono tornata alla discografia dopo 3 anni nei quali ho lavorato, dapprima, alla promozione del primo disco, poi ai live del Cuore Migrante Tour e quindi ad un nuovo progetto chiamato “Insolita”, dove ho interpretato in chiave tutta femminile, ed insolita appunto, brani celebri della canzone d’autore maschile.
Un progetto che è nato dal singolo Goodbye, contro la violenza sulla donna, e dedicato all’ Amore nel suo significato più profondo e puro e che si distacca dall’aspetto più materiale collegato al desiderio e alla vanità.
L’amore ci circonda, ci avvolge, ci tocca il cuore e ci trasforma, e questo lo sa bene l’usignolo che cantava dell’amore in L’usignolo e la rosa di Oscar Wilde quando decide di sacrificare la propria vita in nome dell’amore, alimentando con il proprio sangue l’albero che poi donerà la vita alla rosa rossa.
E’ da questo racconto che Vinicio Capossela prende spunto per la scrittura del suo brano Con una rosa, uscito nel 2000 nell’album Canzoni a manovella ed è proprio da questo brano che ho ideato questo progetto.
Oltre ai concerti di “Insolita”, ho lavorato e trascorso il mio tempo ad accudire i primi passi nel mondo del mio piccolo principe.
La meraviglia dei suoi occhi nel vedere questo mondo nuovo mi ha cambiata profondamente! Mi ha fatta rinascere e risvegliare come da un grande sonno.
E’ stata dalla bellezza dei suoi gesti che sono nate le emozioni e i sentimenti che hanno scritto le nove canzoni del secondo disco che ho chiamato appunto “Risveglio”.
Un ritorno a casa per me, una presa di conoscenza profonda per ciò che sono e che voglio lasciare a questo mondo.
Le canzoni del disco suonano spesso molto differenti l’una dall’altra. Quanto tempo ci hai messo a scrivere tutto?
Credo 8 o 9 mesi. Credo siano differenti perché alla base sono spinte da emozioni e sentimenti diversi. Non seguo le mode del momento ma la reale necessità che mi ha spinta a scrivere il singolo brano.
In ogni caso i brani sono tutti legati dallo stesso filo conduttore della rinascita, della ricerca della propria luce, identità e felicità.
Spesso (penso per esempio a “Rimini”) i brani del disco sembrano piccoli quadri dipinti con cura. Quanto spirito di osservazione ci vuole per scrivere canzoni come queste?
In effetti, è proprio così! Per me le canzoni sono come quadri dove i colori e le forme devono essere comunicate attraverso le parole e la musica e i suoni. Le canzoni vanno immaginate, viste!
Quando le ascolti devono essere capaci di farti vedere oltre, di portarti lontano. Come dice Jovanotti “le canzoni non devono essere belle, devono essere stelle, illuminare la notte”!
Nel tuo passato ci sono missioni come volontaria in Africa, hai chiamato il tuo disco precedente “Cuore migrante”, sembra inevitabile chiederti qualcosa rispetto alle attuali controversie sui migranti.
Negli ultimi periodi ci sono ripetutamente persone tenute in ostaggio in mare! Sono bambini, uomini e donne che aspettano di essere salvati, di ricevere un minimo di umanità e rispetto mentre i nostri ministri giocano a chi ha la voce più grossa, al più forte!
C’è una profonda crisi culturale che se non verrà contrastata nelle nostre scuole e nei luoghi di cultura in genere sarà nei prossimi anni molto pericolosa.
Qual è stato il tuo disco preferito del 2018? E quale il momento preferito della tua vita, sempre riguardo al 2018?
Il mio disco preferito del 2018 (a parte il mio!!!! <3) è Diari Aperti di Elisa.
Di momenti stupendi nel 2018 ce ne sono stati tanti, soprattutto quelli di grande affetto delle persone che mi hanno aiutata a realizzare questo sogno attraverso la campagna di crowdfunding di Musicraiser.
Come un miracolo per me!! Una grande dose di fiducia e stimolo di continuare su questo percorso a volte tanto duro però davvero speciale e vitale. Il momento della presentazione a teatro è stato altrettanto magico.
Puoi raccontare qualcosa dell’ultimo video che hai pubblicato? Sei in tour al momento: che risposta hanno le canzoni del nuovo disco durante i live?
L’ultimo video di Rimini è stato realizzato dallo Studio Kuviomakaroni di Pesaro. E’ stato un bellissimo lavoro e i ragazzi sono stati secondo me bravissimi nel raccontare attraverso le immagini la mia “Rimini”.
Sono voluta partire da quel brano per iniziare questo nuovo viaggio.
Rimini è la città dove sono nata e dove mi sono sempre sentita straniera, proprio per quel senso di estraneità personale dovuta a scelte che non mi permettevano di sentirmi libera completamente e di essere me stessa fino in fondo.
Da qui ho cominciato a riflettere sul termine “straniero” e sul suo significato più profondo.
Oggi, purtroppo, viene utilizzato in maniera impropria come sinonimo di immigrato, clandestino e, sempre più spesso, anche di criminale. In verità tutti possiamo sentirci tali anche in un contesto “familiare” ma che non ci appartiene; è più facile così mettersi nei panni degli altri e provare empatia nei confronti di chi non conosciamo perché la verità è che siamo tutti fratelli e la nostra felicità dipende anche da quella degli altri.
Ecco perché ho scelto una lingua straniera, proprio per sottolineare questo concetto! E poi il francese è la lingua usata nella Dichiarazione Universale dei diritti umani.
Tra novembre e dicembre 2018 ho organizzato 10 tappe di presentazione del disco e ho notato che le canzoni più “forti” a livello di live sono Tradire e fare e Sulla mia pelle, almeno nei club, a teatro il discorso è diverso.
In questi giorni sto lavorando al nuovo tour e in primavera 2019 ci saranno le prime date.
di Lorenzo D’antoni