Si chiama Alessio Ciccolo, classe ’91, ed è un cantautore calabrese di stanza a Bologna. Tra l’autunno 2019 e la primavera 2020 pubblica i singoli Mi Tengo e Lavanda e avorio, brani che anticipano l’uscita di un EP autoprodotto.
Già voce e chitarra di progetti alt-rock della scena cittadina, a partire dal 2017 Alessio Ciccolo si concentra su un progetto cantautorale le cui canzoni traggono ispirazione dall’esperienza di fuorisede e dal distacco dal luogo natale.
Il nuovo singolo è La marina, uno dei primi testi che il cantautore ha scritto nel corso della sua permanenza in Emilia Romagna:.
Racconta le suggestioni evocate da una ordinaria giornata al mare in una località della Riviera.
Le comuni azioni del relax balneare descritte nel ritornello (gambar, ureda e marloz sono gli equivalenti romagnoli di gambero, orata e merluzzo) sono filtrate dagli sguardi di generazioni diverse: i ricordi estivi dell’infanzia, le ambizioni di un giovane alle soglie delle vacanze, la nostalgia del passato di un uomo di mezza età.
L’abbiamo intervistato ed ecco cosa ci ha raccontato!
Alessio Ciccolo, un cantautore vecchio stampo, hai scelto infatti di chiamarti con il tuo nome e cognome. C’è stato un momento in cui hai pensato di avere un nome d’arte o sei stato sempre convinto di questa scelta?
Per qualche tempo ho ragionato su quale potesse essere un nome da attribuire a questo progetto, magari legato alle mie radici. Poi ho realizzato che scrivo per rappresentare una dimensione interiore, un personale punto di vista sulle cose e per questo ho scelto di metterci “la faccia”.
Veniamo ora al tuo nuovo singolo “La marina”, un brano suggestivo che riporta alla mente i ricordi dell’estate romagnola, raccontaci come è la Riviera vista da un calabrese…
La percezione è difficile per chi è abituato ad altri sapori e odori e tutt’ora sono legato alle spiagge dello Ionio e le coste del Tirreno. La cosa affascinante per me è la capacità che ha quella gente di trasformare in business la balneazione, dal cibo nei lidi alle serate a tema in spiaggia.
Racconti questo periodo dell’anno visto da tre generazioni diverse, c’è un episodio in particolare che ti ha ispirato la scrittura di questo brano?
Ho scritto il testo della canzone dopo una giornata al mare con mio fratello, a cui è dedicata una strofa. Tornando al tramonto da Marina di Ravenna, la zona industriale vicino alla Darsena brillava della stessa luce che illumina le ciminiere presenti sul versante Jonico reggino: in quell’istante mi è parso di essere a casa, e da lì è nata la voglia di partorire questo brano.
I tuoi precedenti singoli “Mi tengo” e “Lavanda e avorio” ci avevano già dato la percezione del tuo mondo musicale, fatto di suoni pacati e armoniosi e di testi molto evocativi. Qual è il filo conduttore che lega i tre brani usciti fino ad ora?
C’è una parte della nuova scuola dei cantautori con cui condivido l’attenzione agli arrangiamenti e alla parola, e nei singoli ho cercando di seguire questa linea. Le canzoni in uscita quest’anno si concentrano sulle sensazioni di chi è alle soglie di una partenza, anche se paradossalmente sono state scritte successivamente alla mia esperienza fuorisede.
Sei un calabrese trapiantato a Bologna, cosa ti porti dietro della tua terra d’origine?
Mi porto dietro gli insegnamenti della mia famiglia, e la capacità di essere in armonia con il luogo che mi accoglie; credo inoltre che la fame di cercare qualcosa di meglio per la mia vita dipenda proprio da un’attitudine assorbita giù in Calabria.
Dopo l’estate uscirà un EP? Puoi darci qualche anticipazione?
L’EP ha la funzione di carta d’identità per questo progetto, una lettera di presentazione per quello che verrà in futuro: oltre ai tre singoli usciti, conterrà una cover e altri due inediti.