Hugh Cornwell, il co-fondatore dei The Stranglers, arriva sul palco del Monk dove il tempo sembra fermarsi al suo passaggio.
Nei copy on line che hanno annunciato l’arrivo in Italia di Hugh Cornwell (il 27 aprile al Locomotiv di Bologna, poi il giorno dopo al Legend di Milano ed infine il 29 al Monk di Roma), il cantautore inglese si definisce (o è stato definito) 𝘛𝘩𝘦 𝘰𝘳𝘪𝘨𝘪𝘯𝘢𝘭 𝘛𝘩𝘦 𝘚𝘵𝘳𝘢𝘯𝘨𝘭𝘦𝘳𝘴 𝘴𝘪𝘯𝘨𝘦𝘳/𝘨𝘶𝘪𝘵𝘢𝘳𝘪𝘴𝘵/𝘴𝘰𝘯𝘨𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.
Rivendicazione più che legittima dato che è stato tra i fondatori dei The Stranglers e ha militato nella band fino al 1990. In pratica dobbiamo a lui il leggendario successo avuto con i primi 10 album e tra questi, anche La Folie e Feline.
A questo dobbiamo mettere in conto che i The Straglers hanno comunque continuato a fare musica (altri 8 dischi, l’ultimo del 2021 con alle tastiere ancora il mitico David Paul Greenfield che è venuto a mancare nel 2020 per conseguenze causate dal Coronavirus).
Inoltre, a parte qualche stop and go nel corso degli anni, la band ha continuato a suonare in giro portando, tra le altre canzoni, anche quelle uscite dalla mente di Cornwell. L’ultima volta che li abbiamo visti dal vivo era il dicembre del 2019: il Covid era ancora un miraggio e gli altri due co-fondatori (il bassista Jean-Jacques Burnell e Greenfield) insieme al chitarrista Baz Warne erano in splendida forma.
Insomma, Hugh Cornwell ha un grande fardello da portare il giro e l’etichetta dell’ex Straglers forse se la porterà fino alla tomba, nonostante da quel 1990 ne ha fatta di strada.
Se è vero che con i leggendari The Stranglers, Cornwell ha scolpito dieci album-capolavoro, capace di trascendere generazioni e generi, incidendo melodie e parole nell’anima di chiunque abbia ascoltato, la leggenda non si è fermata ai fasti di una band.
Hugh ha intrapreso un viaggio ancora più ambizioso: la sua carriera solista è una vera epopea musicale.
Un cammino fatto di evoluzioni, sperimentazioni, audacia.
Tutto comincia con Wolf (1988), il primo ruggito di un artista che vuole raccontare storie nuove. Poi altri 2 dischi negli anni Novanta del novecento (Wider e Guilty) e ben altri 7 dischi negli anni Duemila. L’ultimo lavoro realizzato in uno studio di registrazione è Moments of Madness (2022): un’opera che non conosce compromessi, dove Hugh Cornwell dimostra che la sua ispirazione è più viva che mai. Un album celebrato come uno dei vertici della sua lunga e gloriosa carriera, in cui ogni brano è un tassello di pura, intensa creatività.
E come ogni saga che si rispetti, il racconto continua: nell’ottobre 2024, Hugh ha pubblicato il doppio album live All the Fun of the Fair, edito su vinile con otto tracce bonus tra CD e versione digitale. Un manifesto inarrestabile della sua energia, della sua classe, della sua eterna sete di musica.
Nel concerto al Monk di Roma forse il pubblico si aspettava più pezzi tratti dai dischi realizzati con i The Strangles. Lo si capiva da come reagivano gli astanti ogni volta che iniziava un pezzo classico, ma Hugh Cornwell non si è accontentato di scelte scontate e ha messo insieme una scaletta fatta di pezzi conosciuti (della sua discografia personale e della band) e altri meno noti.
C’è chi attraversa la musica. E c’è chi la plasma.
Hugh Cornwell appartiene a quest’ultima, ristretta schiera di titani: coloro che hanno riscritto il destino stesso del suono moderno.
Non semplice testimone, ma architetto di rivoluzioni sonore, la sua eredità vibra nei solchi dei vinili, nelle onde radio, sui palcoscenici dove il tempo sembra fermarsi al suo passaggio.
Foto di Giulio Paravani