Dall’11 al 14 aprile si terrà a Bologna la Grande Festa di Panico, tre giorni di concerti per celebrare la fusione tra Panico Concerti e il Modernista.
Abbiamo intervista gli organizzatori della Grande Festa di Panico per capire di più l’esigenza di questa nuova soggettività e fare un pò due chiacchiere sull’organizzazione concertistica italiana.
Partiamo dalla fusione tra Panico Concerti ed il modernista. Quali sono le ragioni alla base di questa esigenza? L’obiettivo è ampliarsi o reggere l’impatto commerciale in due?
Direi che entrambi gli obiettivi sono nel nostro mirino e le due esigenze vanno di pari passo.
Questa necessità di unirsi è anche il desiderio di avere una maggiore qualità strutturale sul mercato italiano? Ci sarà una ricerca di figure professionali, cosa cambierà dal punto di vista pratico? Manterrete separate le due identità di Panico Concerti e Modernista o ci sarà solo un nome ad identificarvi?
I tempi richiedono maggiore solidità, maggiore organizzazione in ogni comparto della produzione, della vendita e della promozione per la musica dal vivo. I due marchi continueranno a coesistere: Panico sarà il booking, Modernista il management e il nostro marchio per consulenze e attività difficilmente classificabili.
Nel comunicato stampa si legge di una volontà ad “ibridarsi” e cercare “nuova musica”. In che direzione si può puntare? È una ricerca finalizzata all’allargamento del roster o c’è qualche progetto di produzione musicale che volteggia sulle vostre teste?
Alcuni di noi sono stati e sono ancora produttori musicali: l’ibridazione a cui puntiamo è la collaborazione tra i nostri musicisti. Questa festa serve anche a farli conoscere e – se son rose – a far fiorire nuovi giardini musicali alle nostre latitudini. Produzioni musicali in senso stretto al momento non ce ne sono in casa, ma invece, siamo produttori di due documentari, che presenteremo alla festa, lunedì 9 aprile.
È frequente tra i cosiddetti addetti ai lavori sentir parlare della necessità di fare network. Un argomento che spesso nasconde un ammaliante modo di ottenere qualcosa, gratuitamente, senza nulla in cambio. Voi siete un esempio di network vero, anzi di ultra-network. A che punto è, per la vostra esperienza, la rete concerti italiana?
C’è una buona notizia: si è molto professionalizzata, anche a livelli piccoli, la qualità di produzione del live, tutti (o quasi!) hanno capito l’importanza della promozione. La cattiva, come non mi stanco (parla Gianluca Giusti) è che però a fare le spese della situazione attuale sono i piccoli circoli, che una volta proliferavano e ora stanno chiudendo, soprattutto in provincia. E’ un patrimonio che si sta disperdendo.
Quasi tutti i fruitori di concerti in Italia tendono a lamentarsi delle venue, soprattutto per i grandi concerti. Di cosa ha bisogno l’Italia per non soffrire più i paragoni con il resto delle sale concerto europee?
Noi lavoriamo, come Modernista, come consulenti per il Primavera Sound, ad esempio. Venue fantastica in riva al mare, maxi evento che nonostante conti con migliaia di presenza mantiene comunque una certa vivibilità. In Italia i grandi eventi dell’estate scorsa sono stati a volte fonti di polemiche (vi ricordate i token?). Comunque la specificità dell’Italia va rispettata: eventi in piccoli borghi, suggestivi, che rendano l’idea di quello che si può veramente fare da noi a livello di produzione di live.
Cosa deve aspettarsi chi è pronto ad invadere il festone in programma a Bologna dall’11 al 14 aprile?
Tanta musica di genere diverso, ma anche proiezioni di documentari prodotti da noi e di videoclip (lunedì 9 al Loft del Kinodromo), talk con Camurri e Pop X, un mega banchetto del merchandise…insomma un vero festival!
Prima di salutarci, se poteste scegliere un’artista per curarne tour e concerti, chi prendereste e perché?
Tra i grandi, Paolo Conte.