Se pensi di sfondare nella musica pop suonando solo musica strumentale o sei tremendamente folle o sei fottutamente bravo. Ecco: i God is an Astronaut appartengono a questa seconda categoria.
Sulla scena musicale dal 2002 e con 8 album all’attivo il trio irlandese God is an Astronaut composto da Torsten Kinsella, Niels Kinsella e Lloyd Hanney è uno dei gruppi strumentali più rilevanti della scena musicale post-rock. Lo hanno dimostrato in studio in tutti questi anni e confermano la loro bravura anche nelle performance live.
In queste settimane la band è stata in Italia per presentare il loro nuovo lavoro, Epitaph. Ben 3 le date italiane: il 5 maggio al Fabrique di Milano, il 6 maggio all’Estragon Club di Bologna e il 7 maggio all’Orion di Ciampino.
Noi siamo stati alla data romana ed ecco com’è andata.
C’è da fare una breve premessa sul nuovo disco. Fresco fresco di stampa, rispetto ai lavori precedenti ha decisamente sonorità più cupe e dark che inevitabilmente hanno caratterizzato la loro performance dal vivo. Questo però non ha tolto spazio alle loro esplosioni sonore. Hanno iniziato proprio con la title track del nuovo album e a seguire la traccia numero 2, Mortal Coil, lasciando comunque spazio ai loro vecchi pezzi come The End of the Beginning o la bellissima Frozen Twilight tratta dal loro EP del 2006 A Moment of Stillness.
In generale hanno alternato attentamente ballate con ritmi più lenti a pezzi energici come le tracce estratte dal loro album del 2011 All Is Violent, All Is Bright.
Nell’esecuzione dal vivo mi ha molto impressionato il ruolo della batteria. Nello show e più in generale nel sound della band la batteria recita una parte di vera protagonista con cambi di tempo azzeccatissimi e un sound pieno e forte.
Bellissime le parti vocali di Torsten Kinsella, anche se limitate a suoni e cori. Avrebbero potuto forse tranquillamente affidarsi al suono elettronico di un Mac e quindi a voci registrate. Ma l’estensione vocale di Torsten ha dato in effetti quel tocco di intensità e compattezza nello show e una traccia registrata non avrebbe potuto fare lo stesso.
Ci sono stati dei momenti di pura energia musicale. Con il giusto mix di sinth e parti strumentali sono riusciti a trasmettere diverse emozioni durante tutto lo show.
Pecche: il suono della tastiera aveva qualcosa che non andava. Era troppo sbilanciato rispetto al resto e non credo sia stato un effetto voluto, ma un problema dell’acustica del locale. Il basso qualche volta è andato in sofferenza, ma a parte questi dettagli maniacali, è stato davvero un grande spettacolo.
In generale l’Orion di Roma continua a stupirmi: si conferma come uno dei migliori locali della capitale dove ascoltare musica di un certo livello e sa adattarsi ai diversi sound dei gruppi che passano da quel palco.