Arrivato davanti alla storica Galleria Colonna (oggi Galleria Alberto Sordi) sento musica abbastanza potente provenire da poco distante. Per un attimo ho pensato di essere in ritardo per Fink!
In realtà nella piazzetta vicino al Quirinetta si esibiva un gruppo di strada: due chitarre, voce, tamburelli, basso e tanto di batteria con tom-tom. Non era evidentemente Fink.
Mi sono fermato due minuti, ho contribuito alla causa degli artisti di strada e mi sono infilato dentro lo storico café chantant, dagli anni trenta a pochi passi da Fontana di Trevi.
Adattato in seguito a sala cinematografica per film d’autore, ha vissuto un lungo periodo di inattività per poi tornare sulla scena con tre diversi spazi (Quirinetta Teatro, Quirinetta Social Bar e il ristorante Quirinetta Caffè e Cucina).
Al bancone al lato opposto del palco cerco di attaccare bottone con chi ha già visto Fink in Italia (magari al Magnolia di Milano) per un’analisi comparata tra le performance a fine concerto. Tentativo fallito.
Nel frattempo la sala si è riempita: il palco è montato alla fine di una discesa che altera la prospettiva, una leggera pendenza interrotta a metà sala dalla postazione dei tecnici delle luci e dei fonici, rialzata da alcuni gradini. Ottimo escamotage per vedere bene il palco anche dal fondo e – mi renderò conto solo dopo – per l’acustica.
Sul palco, le due batterie montate (una sola con il logo “Fink”) confondono le persone “ma ci sarà qualcuno che apre?”.
Inutile puntualizzare che tutta la strumentazione sul palco farà parte dello stesso spettacolo. E poi non si sai mai quello che ti capita a fare il saputello con gli sconosciuti. Ma a farla da padrone sono le chitarre: almeno 9 tra acustiche, elettriche , classiche spagnole e tre diversi bassi (a 4, 5 e 6 corde). Infine un pianoforte Rhodes, tamburelli e almeno 3 postazioni con pedaliere. Non riesco a vedere i sintetizzatori ma si faranno sentire durante l’esibizione.
Se qualcuno si aspettava un concerto più intimista tipo unplugged si è trovato invece davanti tutti i presupposti per sentire un bel po’ di casino.
Fink live @ Quirinetta
Pochi minuti dopo le 22.00 Fink e la sua band salgono sul palco e piano piano si alza un muro di suono. I musicisti alla fine sono 4 ma suonano come se fossero il doppio. Peculiare il batterista a destra che per i primi pezzi sta seduto dietro al set di tamburi con in braccio una Stratocaster: chitarra ritmica e pedate di cassa.
La prima parte dello spettacolo corre via in un misto di giri di basso vertiginosi, attacchi a doppia batteria e assoli potenti. Tutto accompagnato dalle vibrazioni dei sintetizzatori nascosti. Gli artisti cambiano continuamente strumenti, posizioni, accordature e ritmiche.
Sarebbe bastato poco per inciampare in un cavo, distrarsi su un irraggiamento o andare fuori tempo. Ero quasi in ansia per loro, ma Fink e la band avevano sia fisico sia tecnica: hanno suonato quasi due ore, lasciando alla seconda parte i pezzi storici dell’artista inglese. Il pubblico apprezza e verso la fine inizia a fare rumore estasiato dai grandi classici come Looking Too Closely o Biscuits For Breakfast.
Sul palco per il bis rimane solo lui, la chitarra e la voce potente e ipnotica, poi il concerto volge al termine e ci svegliamo da questo sogno, in una serata qualunque al centro di Roma.
Considerazioni finali:
L’esecuzione è stata impeccabile, merito anche di un palco molto attrezzato. Ogni cosa al suo posto: i musicisti – navigati da ore e ore di spettacoli live – si muovevano quasi sospesi a mezz’aria.
L’acustica del Quirinetta è stata la ciliegina sulla torta.
Due parole su RESURGAM (Fink, NinjaTune, 2017)
L’ultimo disco di Fin Greenall, uscito il 15 settembre scorso, è il secondo album del 2017 per l’artista originario della Cornovaglia e cambia totalmente prospettiva rispetto Sunday Night Blues Club, Vol. 1 uscito a marzo e interamente Blues.
Con il suo nono album in studio, Fink ci riporta all’essenziale in sole dieci tracce. Fin dalla potente title track siamo immersi nella nebbia del groove con il folk a farla da padrone senza rinunciare ad elementi psichedelici e accenni dub come in This Isn’t A Mistake. Dopo il concerto non ci ho pensato neanche un minuto prima di comprare il doppio vinile, affascinante fin dalla copertina.