Sabato 22 alla Discoteca Laziale, Emilio Stella ha presentato il suo nuovo album “Suonato”.
Emilio Stella “Suonato” – Cantautore romano già conosciuto nella scena musicale grazie a singoli vincenti come “Capocotta non è Kingston”, brano che nell’estate 2014 vantò la fama di tormentone reggae. Vada bene per il tormentone, ma considerare Emilio un musicista reggae è un grave errore.
Lo ribadisce anche lui durante la presentazione dell’album: “ …non ho un genere musicale di riferimento, non ho una collocazione in tal senso, non mi do delle etichette. Non mi influenza nessuna moda, io faccio quello che mi piace….”
Un cantautore eclettico sincero, un cantastorie moderno che ti prende per mano e ti accompagna in una passeggiata fuori e dentro di sé.
Un album che racconta storie, vite e riflessioni vestite dal velo leggero di una sagace ironia.
Un album che contiene tracce che hanno già visto la luce durante i live.
Un album sul quale sono andata ad indagare con il diretto interessato.
Federica – A quando risale la stesura dei brani dell’album Suonato?
Emilio Stella – Nel 2011 mi sono autoprodotto e da lì sono passati sette anni in cui ho continuato a scrivere musica e fatto uscire diversi singoli. In realtà Suonato si è andato a formare nel corso degli ultimi quattro anni. Avendo avuto un così lungo lasso di tempo dove non ho fatto dischi, posso dire di averne già un altro pronto. Sto promuovendo un album nuovo che non è solo. E’ senza dubbio il suo momento, il suo tempo giusto; ed è accompagnato da altri brani che sono rimasti a casa solo perché non sono riuscito ad inserirli.
E’ stato difficile scegliere nella rosa quali pezzi promuovere ora. Alla fine la scelta è ricaduta su quelli che avevamo suonato maggiormente nei live con la band e che quando siamo andati in studio di registrazione abbiamo appunto suonato. Ecco anche perché il disco si chiama così.
Federica – E’ solamente questa l’origine del nome oppure c’è anche un significato nascosto?
Emilio Stella – Si. C’è un doppio senso. L’altro è la metafora pugilistica di chi risente dei colpi presi nella carriera.
Federica – Nei tuoi brani racconti molto il quotidiano, sembra quasi tu prenda ispirazione da quello che osservi intorno a te e poi ricostruisci, a volte con una chiave ironicamente beffarda. Questa metodologia viene applicata anche al tuo quotidiano personale oppure emerge esclusivamente in fase di scrittura?
Emilio Stella – Non è una metodologia è un processo naturale. L’ironia fa parte di me, così come la malinconia che a volte travesto da ironia; è una mia peculiarità caratteriale quindi di riflesso si trasporta nelle canzoni.
Tutto parte in maniera naturale -la famosa ispirazione- che dura a volte dieci secondi, a volte un minuto, a volte un poco di più. Inizialmente è un flusso e poi scatta il ragionamento su quello che ho scritto e quello che voglio dire. La fase di rielaborare dura il tempo che quella canzone, che quella espressione di quel momento è ancora in circolo, tant’è che a volte scrivo delle cose che poi non riprendo, che lascio lì.
Non riesco a fare il ‘ragioniere’. L’arte nasce così spontanea e sarebbe un artificio continuare qualcosa in maniera forzata.
Federica – Quanto sono veri i protagonisti delle tue canzoni? Ad esempio uno dei personaggi che mi ha particolarmente colpita è La gattara. Come misceli gli ingredienti tra ispirazione, personaggio reale e frutto della memoria?
Emilio Stella – Sono personaggi reali. Nel caso de La gattara è un ricordo legato alla mia infanzia. Da bambino giocavo nel cortile dove abitava mia nonna e c’era questa signora di cui tutti noi bambini avevamo paura. Quando passava lei urlavamo: -Corri ecco la gattara- e scappavamo. Un giorno passando dietro un cespuglio ho sentito che parlava con i gatti, l’ho ascoltata e lei raccontava loro la storia della sua vita: che aveva fatto la guerra e che i gatti se li mangiava.
Prendersi cura dei micetti era la sua forma di riscatto.
Rimasi molto colpito da questa immagine che è rimasta in un cassetto della memoria. Circa tre o quattro anni fa parlando con Simone Cristicchi mi suggerì di scrivere una canzone sulla figura della gattara. Tornai a casa e quel ricordo saltò fuori e scrissi il pezzo con una grande naturalezza.
Federica – Nonostante la tua musica abbia un carattere eclettico e ben delineato, qualcuno ti ha definito il ‘il piccolo Mannarino’ cosa rispondi in merito?
Emilio Stella – Credo che ogni artista meno conosciuto venga associato a qualcun altro. Sarà il tempo a dire quello che c’è da dire; anche Mannarino ai suoi inizi venne paragonato a Califano o a Capossela.
Sinceramente per quanto mi riguarda: non m’interessa!
Federica – Nei tuoi testi –in maniera esplicita- non ci sei quasi mai, fatta eccezione per qualche brano dove ti racconti in prima persona. Preferisci parlare degli altri o il prossimo è uno ‘strumento’ in senso buono per parlare anche di te?
Emilio Stella – Sicuramente nell’ultimo brano dal titolo: Le birre ci ho messo molto me, anche se in forma un pochino criptica. Non ho una regola. A volte mi viene spontaneo parlare di me, altre prendo spunto da quello che vedo per fare delle riflessioni intime. Parlare degli altri è anche parlare di me, mi ispiro per andare ad indagare dentro di me.
Federica – Prossimi appuntamenti?
Emilio Stella – Stiamo ancora progettando il tour, per ora posso dire che il 19 Ottobre saremo con band-famiglia a Manziana alla sagra della Castagna.
di Federica Romani Foto Davide Canali