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E shoegaze sia..[5] |In Her Eye Review|

E Shoegaze sia ...In Her Eye

Mi accosto gli In Her Eye e penso che non se ne ha mai abbastanza, almeno per me, quando si parla di musica.

La musica, quella di un certo tipo, è parte integrante della mia vita a trecentossessanta gradi e parlarne, scriverne, come nel caso degli In Her Eye, e suonarne è puro ossigeno.

Occuparsi poi di underground, ma di quello davvero buio, è impresa titanica che affronto sempre con qualche remora perché non so mai come rapportarmi all’artista o alla band e se sarò capace di trattare il tutto col dovuto rispetto.

Poi penso, vabbè, tanto suono, magari compenetrandomi posso carpire gli umori più profondi e le dinamiche più nascoste invise a chi è solo un semplice ascoltatore.

Tutto questo preambolo per dire che oggi affronteremo un album qual è Change degli In Her Eye, terzo lavoro in studio per la band di Milano uscito proprio ieri 1 giugno, e mi trovo davanti a qualcosa di molto particolare perchè conosco bene il gruppo in questione e seguo i loro passi da un sacco di tempo.

In Her Eye

Detto quiesto il mio cappello introduttivo potrebbe crollare miseramente giacché il mio coinvolgimento è grande, ma faccio finta di nulla e dico che Change è un album complesso e stratificato, un disco privo di pause almeno apparenti, un lavoro che vive su un blocco monolitico di suoni definiti, ma armonicamente calati nel caos. Closer To Me, primo singolo, apre le danze e gioca su una labile tensione per poi esplodere senza emettere lava dandoti mai la botta finale.

Questo non è un difetto, anzi, ci giocano gli In Her Eye con i pieni e i vuoti e ti spostano sempre un pò più in là di quanto tu pensi.

Bianca spezza il ritmo, ma non tantissimo, perché a differenza dell’ultimo lavoro, Borderline, qui si sceglie di non scendere mai troppo giù. Questo lo puoi fare quando la sezione ritmica ha completa padronanza di sé, quando basso e batteria ricamano, intrecciano, spezzano e mettono su mattoni di muri di suono.

Bianca potrebbe apparire addirittura romantica e delicata e lo è, ma senza scadere nel melenso sonoro sopratutto con l’intervento vocale non ovvio e scontato di Antonia Chiara dei Mystic Morning ai cori. Elephant è veloce, tesa e contratta con un ritornello killer che ti spiazza e te la fa canticchiare da subito. Change, che dà il titolo al disco, ricorda in qualche trama le atmosfere di Borderline, ma si mantiene alta con chitarre soniche.

Gli In Her Eye hanno capito, dopo due lavori, che con questo disco possono assestare bene il colpo, possono spingersi un pò più lontano senza ripetersi o straniarsi nell’esercizio di musica autocompiacente e infatti Neon Lights dice la sua con fantasmi tra 60’s e Interpol. Stesso discorso per Demons, piacevole e lisergica. Il vertica assoluto però ancora deve arrivare ed è As in Dreams, il capolavoro del disco. Lenta, ruffiana, ricca di intrecci chitarristici sapienti e ben dosati grazie al lavoro di Stefano e Raffaele. Cinque minuti di arpeggi, intrecci sonici, acido e dissonanze mentre la voce di Giuseppe declama al di sopra di tutto: immensa.

Life, l’ultimo brano, resta sospseso tra bianco e nero con ombre romanticheggianti eppur leggere e scorre via veloce chiudendo un lavoro assolutamente di rilievo. Ora, io mi chiedo: può l’ascoltatore medio imbevuto di indie italiota approcciarsi a questo disco senza remore capendoci anche qualcosa? Io non lo so, ma so che siamo davanti a una bellissima nouvelle vague del rock alternativo italiano e gli In Her Eye, insieme ad un manipolo di altre bands tutte calate nel filone dell’italogaze come lo hanno chiamato, sono quelli che onorano il suonare per il suonare, la musica al di fuori di programmi e convenzioni, una musica “Liberata” da marketing e virulenze social perché fatta solo col cuore.

Dario Torre

Bancamp: https://inhereye.bandcamp.com/album/change