Partecipare ad un concerto dei Diaframma è come sfogliare un album che come fotografie ha copertine dei dischi.
Di alcune si è persa la memoria di quando siano state scattate, o meglio ascoltate, di altre si riesce ancora a sentire ‘l’odore delle rose.’
Organizzata da Radio Rock, lo scorso venerdi, sono saliti sul palco del Monk i Diaframma.
Loro che prendono il nome da un componente della macchina fotografica, sono dal ’79 una macchina musicale, che nelle mani di Fiumani ha scattato fotografie sociali e negativi intimistici.
La memoria indietreggia e ci si ritrova tra le mani la positiva di una Firenze-mamma della scena darkwave italiana, dove anche i Litfiba mossero i primi accordi e che poi in seguito parteciparono attivamente al nuovo arrangiamento del’ EP ‘Amsterdam’ dei Diaframma.
Il live si apre con la presentazione di tre brani dell’ultima fatica ‘L’abisso’, un album che non delude tutti coloro che con la loro musica ci sono cresciuti e ci hanno anche svezzato i figli.
La performance è il portfolio di istantanee degli anni, dei luoghi e delle emozioni di un chitarrista che conferma di non essersi lasciato stravolgere dal tempo che passa e lo ribadisce con il riff punk di ‘ I ragazzi stanno bene.’
Bastano pochi accordi ed il pubblico non aspetta la voce di Fiumani per iniziare a cantare ‘Diamante grezzo’ e sulle note di ‘Labbra blu, si alza non un coro unanime, ma un coro di anime; tutti hanno ‘una ferita che mi ricorda te, come cita il testo.
L’ultima diapositiva dei Diaframma è un abisso nel quale è necessario scendere, ma dal quale è possibile risalire abbracciando la propria chitarra.
Cosi insegna un Fiumani che non ha perso la sua particolarissima verve e che, come anni fa, non si vergogna di esibire le proprie evoluzioni.
di Federica Romani foto Davide Canali