È uscito lo scorso 10 novembre, per l’etichetta Seahorse Recordings, “Garnet Dusk”, ultima fatica di Claudio Conti, cantautore cagliaritano che si muove tra la psichedelia e il folk-rock.
«È un album di migrazione e maturità», si legge nella nota stampa di Claudio Conti. «Coinvolge l’abbondanza di pensieri riflessivi creati da situazioni impermeabili ed inevitabili che la vita ti serve (o non) su un piatto d’argento […], miscela il suono dell’oceano alla dipartita di una donna […]. La verità negli occhi dei bambini e la mancanza di considerazione da parte dei genitori. Il misticismo dell’amore e dell’affetto riscoperto. Poi arriva la notte con le sue ombre gloriose e le sue luci abbaglianti, una bobina per i poeti, un appuntamento segreto per gli insoddisfatti».
“Garnet Dusk”, letteralmente “tramonto granata”, ha un incedere delicato e fluente, che trasporta lo spettatore in zone di calma e serenità. Qui, gli elementi disturbatori (come il vento che si alza e presagisce tempesta) non mancano, ma è come se la voce e le linee melodiche lottassero continuamente per superarli. Ed il senso del disco sembra diventare così quell’antico “carpe diem”, sempre e comunque attuale. Una lotta quotidiana a cogliere la bellezza di ciò che ci circonda, assaporando anche le piccole cose di un presente che, altrimenti, nessuno potrà restituirci.
L’eco del folk rock americano degli anni Sessanta e Settanta è forte. Il disco è pervaso da un incedere che riporta alla mente Simon & Garfunkel, Tim Buckley e Nick Drake, artisti (questi ultimi due) ai quali Conti dichiara esplicitamente di ispirarsi.
Classe 1981, Claudio Conti esordisce musicalmente con una compilation contente delle registrazioni “casalinghe”, intitolata “Botticelli”. Nei primi anni 2000 trascorre lunghi periodi a San Diego e Los Angeles, e nel 2006 si trasferisce a San Francisco. In queste permanenze californiane il contatto con la Bay Area e con la Haight Ashbury (il quartiere di San Francisco che è stato centro del movimento hippie) è determinante per lo studio delle sonorità derivate da quelle che considera le sue radici: Doors, Byrds, Gram Parsons. Da questa esperienza americana nasce, nel 2008, il suo primo EP, “Handmaids Skim the Marble”. Mentre nell’EP successivo, “Northern”, diventa preponderante l’influenza della psichedelica. In entrambi i casi si tratta di uscite non ufficiali.
L’aspetto psichedelico della sua formazione musicale e l’influenza di Barrett trova poi sbocco nei lavori dei Magic Salad, band fondata da Conti insieme a Davide Sgualdini. Con i Magic Salad Claudio Conti realizza l’LP “Every Forest Has Its Shadow”, del quale ha scritto tutti i brani.
Dopo la perentesi con i Magic Salad, Claudio inizia a lavorare a “Saltworks” il suo primo disco solista, all’interno del quale si fondono suggestioni britanniche (Smiths, Drake, Lennon, Fairport Convention) e americane (Buckley, Hardin, Chilton, Nilsson). Durante la lavorazione del disco Claudio torna a vivere negli Stati Uniti (a Chicago e a Los Angeles) e poi a Londra. “Saltworks” esce nei primi giorni del 2017, poco dopo il suo rientro in Italia, pubblicato sempre dall’etichetta Seahorse Recordings di Paolo Messere e anche questo, come l’ultimo “Garnet Dusk”, distribuito dalla Audioglobe.
L’uscita di “Garnet Dusk” è stata anticipata dal singolo “Old Clouds Fell” e dal relativo video, realizzato dallo stesso Claudio Conti insieme a Frederick Byron. Il video è stato girato tra San Francisco e Bodega Head, piccolo promontorio che si affaccia sull’Oceano Pacifico, nel Nord della California. Partendo dalle meravigliose coste del promontorio, il video racconta la solitudine dell’individuo davanti alla grandezza della natura e al proliferare del caos cittadino, tra file interminabili di automobili che solcano il Golden Gate e le ordinate villette che costeggiano i lunghi viali. Mentre il protagonista (lo stesso Conti) con il suo inseparabile taccuino, annota probabilmente sensazioni e pensieri.