Review

|Review| La cassetta di luglio 2020 |To Tape|

Qualche giorno fa stavo leggendo una delle tante riviste di musica italiana e in una rubrica (la mia preferita in assoluto tra tutte le rubriche) si parlava dell’importanza dei dischi nel periodo di quarantena.

In quel periodo si è fermato praticamente tutto, dallo sport ai viaggi, anche le voglie, il sonno, tutto bloccato tranne la musica: «i dischi hanno tenuto» si diceva nell’articolo.

Leggendolo mi sono sentito meno solo, parte di un pensiero comune, anche solo se fossimo tre (io, chi ha scritto l’articolo e l’amico che diceva questa frase).

E’ quello che ho pensato sin dall’inizio, al netto della quasi totale indifferenza  politica nei confronti di un mondo che è stato fermato per primo, riprenderà a pieno regime chissà quando e nel mezzo ha continuato ad essere ciò che ha spinto di più la gente a reagire.

Basti pensare a tutte le iniziative spuntate come funghi durante la quarantena ed a tema musicale.

Sì, i dischi hanno tenuto e anche bene, e molti pubblicati poi alla ripresa delle attività sono stati ancora più fondamentali, alcuni dei quali li ho segnalati nelle scorse cassette di To Tape qui su CSI Magazine.

Non posso non partire da uno dei dischi di cui più si sta parlando di più in questo periodo e che abbiamo imparato a conoscere a To Tape singolo dopo singolo.

Parlo del nuovo dei Khruangbin, Mordechai, preceduto dal bellissimo EP Texas Sun in collaborazione con Leon Bridges e pubblicato ad inizio anno.

Di loro non si fa altro che parlare bene, ma non potrebbe essere altrimenti, perché la combinazione tra musica psichedelica, rock, ritmi funk e sensualità latina è la chiave per il successo di questa band texana.

L’idea del viaggio che accompagna questo album non è solo suggestione, ma è un po’ la filosofia che muove tutta la band, basti pensare al servizio AirKhruang ripreso proprio in concomitanza con il lancio del disco: delle playlist create ad hoc per i fan della band in base ai dati di viaggio inseriti dagli stessi.

Se da una parte la quarantena ha aumentato a dismisura l’importanza dei dischi, della musica in generale, alcuni artisti hanno però avuto un forte contraccolpo derivato dalla impossibilità di viaggiare, vedere il mondo e raccontare le storie attraverso la musica (Boosta dei Subsonica, ad esempio, lamentava la poca ispirazione derivata dall’isolamento).

Kutiman nel suo ultimo disco Wachaga racconta proprio il viaggio fatto alle pendici del Kilimangiaro.

Nel 2014 il viaggio per conoscere il folklore, la lingua e tradizioni di questa popolazione – Wachaga appunto – e creare un disco basato sul field recordings – letteralmente “registrazioni sul campo” – per carpire suoni, colori e atmosfere di quella affascinante parte del mondo.

Un lungo processo di composizione durato tanti anni ma che ci ha restituito un album pieno di suggestioni a colpi di jazz, elettronica, ambient, techno e, naturalmente, world music (termine che non ho mai amato particolarmente ma tant’è…).

Dall’Africa al Regno Unito, precisamente a Cardiff, con l’album d’esordio dei Buzzard Buzzard Buzzard, The Non-Stop EP, che conferma il fascino subito dalla band nei confronti del Rock n’ Roll degli anni ’70.

Però non fatevi ingannare, i Buzzard Buzzard Buzzard non sono la solita band posticcia che incolla pezzi del passato ma riesce a combinarli adattandoli ai suoni di oggi e donando una certa freschezza a tutto il lavoro: perfetti da ascoltare in macchina e da cantare a squarciagola.

Chiudiamo questa cassetta di luglio con il fascinoso disco stile britpop di Jarvis Cocker, che pubblica un nuovo disco Beyond the Pale sotto il nome Jarv Is, band capitanata proprio dal leader dei Pulp: ed è velluto, velluto ovunque.

di Renato Failla