Squarci lucenti, soffusi e ammalianti. Amaury cambuzat live acoustic solo.
Cambuzat è uno di quei concerti dove devi cucirti la bocca e aprirla solo per sorseggiare qualcosa, magari facendo attenzione anche a deglutire.
Si perchè l’atmosfera che si è creata, così profonda eppure così fragile, non deve essere minata da nulla. Non so quante volte ho visto gli Ulan Bator in questi anni, ho perso il conto, ma so per certo che sono stati, e sono, una delle poche cose di talento che ho apprezzato quando all’epoca uscirono per il Consorzio (gli altri erano gli Estasia e i Wolfango).
Una band aliena da tutto, aliena e alienata nel suo fare musica ostinatamente senza mai pensare ai trend e al mood del momento. Ogni disco degli Ulan Bator rappresenta un ulteriore passo verso una meta fatta di destrutturazione della musica, di una melodia, di un testo.
Sperimentali, noise, art rock (e potrei dirne ancora), gli Ulan Bator sono a tutti gli effetti Amaury Cambuzat, fondatore, leader e artista completo anche quando non ha dietro una band e non ha in mano una chitarra elettrica ed effetti.
Il suo infatti, è un live solo di chitarra acustica, armonica e una loop station proponendo i brani degli Ulan Bator scheletrificati ed essenziali, quasi più crudi e liberi. Il risultato è un flusso musicale scurissimo ed intimo, un concerto difficile al quale prestare la massima attenzione, ma non per questo meno d’impatto.
Amaury sussurra e martella la sua acustica per un pubblico, invero non numeroso, ma attento, che pende dalle sue corde; corde che non offrono una semplice rilettura del brano, ma divagano, si arrampicano, improvvisano creando un ponte crico di tensione che si scioglie ogni qual volta il brano sfuma e scompare di botto.
La scaletta pesca da quasi tutta la discografia degli Ulan Bator e rende giustizia a un progetto che, apprezzato dalla massa negli anni 90, ora è diventato esclusiva di un pubblico attento e di nicchia, ma forse è meglio così.
Le date sono tante, se vi capita non perdetevi Amaury Cambuzat e i suoi sogni.