La macchina dei concerti ricomincia anche per me e, finalmente, il 29 settembre ne ho approfittato per vedere gli Altin Gün all’Aéronef accompagnati da Mohamed Lamouri & Charlie O. Sempre Francia, sempre Lille.
L’ultima volta che avevo messo piede all’Aéronef era per il concerto degli ASH, febbraio 2020. Il Covid19 ancora sembrava appartenere solo a un mondo più a est dell’Europa. Non immaginavamo che le nostre vite, di lì a pochissimo, sarebbero state completamente stravolte. Rientrare sempre nello stesso club, dopo più di un anno e mezzo, per vedere di nuovo un concerto dal vivo – per me il primo dopo la “riapertura” – è stato un miscuglio di emozioni.
In Francia indossare la mascherina è fortemente consigliato durante un concerto, il che ovviamente si traduce in un’esperienza assolutamente pre-Covid19. Come se il virus non fosse mai esistito. Senza concentrarsi sulle paranoie annesse all’argomento, mi lascio trasportare da quella sensazione di benessere che sento salire a ogni passo fatto verso la sala. La sensazione inebriante del vocio delle persone, delle luci sul palco, delle varie puzze di sudore e alcol per cui un concerto di musica rock che si rispetti non potrebbe definirsi tale senza… Che bello ritrovare tutto questo.
Alle 20:00 – che un dio a caso benedica il nord Europa per questo– comincia il concerto come previsto e ad aprire le danze ci sono Mohamed Lamouri & Charlie O.
Lamouri è ben noto ai parigini in quanto da anni accompagna musicalmente le corse della linea 2 della metro cittadina. Il suo “raï sentimentale”, insieme alle tastiere di Charlie O., ci immerge in un’esperienza esotica e, in generale, mediterranea.
Dopo circa 40 minuti di ballate popolari algerine mescolate a modernissimi suoni elettronici, è tempo di un rapido cambio palco. Lille è pronta a dare il benvenuto a qualcuno che viene da un po’ più in là del Mediterraneo, ma che ha trovato le sue radici nella multiculturalissima Olanda.
Gli Altin Gün si formano ad Amsterdam nel 2016 grazie a Ben Rider e Jasper Verhulst. Quest’ultimo, reduce da un viaggio a Instanbul, rimane affascinato dai suoni della musica turca degli anni ’70, la sua “età d’oro”. Altin Gün in turco infatti vuol dire “giorno d’oro”. Successivamente due frontman di origine turca (Erdinç Ecevit Yıldız e Merve Daşdemir) vengono arruolati e insieme a Gino Groeneveld e successivamente a Daniel Smienk oggi rappresentano la formazione completa.
La presenza sul palco degli Altin Gün è ipnotica ed elegante, quella del pubblico è scomposta in balli e cori. Mi rendo anche conto che, oltre a una nutrita comunità turca presente in sala, anche molti francesi cantano a squarciagola le canzoni dell’Anatolian rock band.
I suoni sono una ricerca intrecciata di ritmi tradizionali della Turchia popolare e tributi sfacciati a tutto ciò che negli anni ’70 imperversava nella nazione ma anche nel resto del mondo: prog, funk, psychedelic e folk. Nelle rarissime interazioni con il pubblico spiegano di avere terminato l’ultimo album durante la pandemia per cercare di trarre un momento di positività da quanto accadeva intorno. Per gli Altin Gün esiste un problema anche più grande e più annoso che sta loro molto a cuore: la questione ambientale. Perciò il gruppo non solo decide di fare qualcosa a tema, ma anche di renderlo disponibile solo su Bandcamp per dare una mano concreta alla causa.
La sorpresa costituita da questo variegato gruppo musicale è stata tale in tutti i sensi. Non solo perché si è trattato di un “concerto al buio” per me, ma anche perché ha superato le mie aspettative. L’idea di riscoprire melodie che per la maggior parte del pubblico occidentale sono sconosciute è encomiabile. Soprattutto in tempi in cui la creazione di un prodotto completamente originale è un’impresa quasi impossibile.
La serata finisce con grandi applausi volti a salutare il più calorosamente possibile gli Altin Gün. Il numeroso pubblico si dissolve velocemente verso l’uscita e io mi fermo a gustarmi questa scena che sento di avere già vissuto. E che quasi mi sembrava di avere dimenticato. Chiudo gli occhi per non perdermi nemmeno un secondo di questa strana sensazione di riabbracciare qualcosa che prima davo per scontato. Fortunatamente tutto riprende come se non si fosse mai interrotto e questo non è che il primo di una lunga serie di concerti. Ben ritrovata cara normalità: mi sei mancata.