Se vi siete avvicinati allo studio del pianoforte per poi finire a non sopportarne neanche più, traumaticamente, il suono e la vista dello strumento, questa playlist potrebbe essere la vostra soluzione.
Se siete tra quelli che se capita Ludovico Einaudi in una playlist Spotify, mandate subito avanti perchè vi ricordate improvvisamente di quando tutti i vostri compagni della scuola di musica erano già riusciti a suonare Per Elisa e voi ancora niente, qui dieci nomi di pianisti (o insomma alcuni non sono pianisti, ma ok ci siamo capiti) che potrebbero salvarvi da quest’incubo.
Questa insomma, è playlist di 10 nomi di gente (italiani, o quasi) che con i tasti, bianchi e neri, tra pianoforti e synth, tra classica ed elettronica, ci sa proprio fare. Buona lettura!
Bruno Bavota
Pianista e compositore partenopeo. Dalla sua, Bruno Bavota ha (oltre alla doppia iniziale BB, che comunque è sempre molto invidiabile, soprattutto tra artisti) uno stile incredibilmente immediato ed efficace, che può arrivare a chiunque.
E in quest’immediatezza e semplicità comunicativa, minimale ed essenziale, della musica di Bruno Bavota, questo prendere anni di studio e virtuosismo e riuscire a rendere il tutto incredibilmente pop (sì, non mi tirerò mai indietro davanti a questo termine) anche a chi di musica classica non ci capisce assolutamente niente, è raro, incredibile.
Un suo brano conta oltre 26 milioni di stream su Spotify – una pop-star in piena regola!
Andrea Sertori
Dal bergamasco, Andrea Sertori è uno strano e all’apparenza anonimo personaggio che riesce a combinare un evidente studio del pianoforte classico con il minimalismo dei synth.
Nella musica di Sertori, abbastanza straniante e incomprensibile, come se fosse la musica per ascensori in un film di fantascienza, ci sono anche motivetti infantili, vere e proprie filastrocche musicali, melodie che crediamo di conoscere già, e tanta follia.
Un progetto incomprensibile, che eppure riesce a far parlare di sè infilandosi nell’underground (sei mai non ne esistesse uno, lo inventiamo noi adesso) dei pianisti pazzi.
Per tutti quelli che si son stufati della colonna sonora che c’è quando giocano a PacMan, e ne cercano una più rilassante.
Federico Albanese
Uno dei nomi caldi della scena della classica contemporanea e minimalista.
Non è così assurdo paragonarlo ai nomi più noti della New Age degli anni Novanta, da Philip Glass e Brian Eno.
Una musica che si nutre della freddezza di Berlino, che combina classica ed elettronica, ma non solo, lui stesso ha affermato in una vecchia intervista a Ondarock: “Io ho sempre difficoltà nel definire la mia musica, è più una prerogativa del mercato direi.
Tutto sommato il termine moder-neo-classical calza abbastanza. Anche se c’è un grande melting pot di generi, dal pop al jazz, passando per l’ambient…”. Avvicinatevi a lui come ci si avvicina ad un animale selvatico, abituatevi poi alla sua presenza e sentitevi al sicuro con lui.
Un buon inizio per cui alla parola “minimalismo” ancora rabbrividisce.
Shkrodra Elektronike
É il nuovo progetto di Kole Laca (2Pigeons, Il Teatro Degli Orrori, Sarah Stride), un folle al punto giusto (la cui formazione musicale parte comunque dallo studio del pianoforte classico).
Per ora un progetto che ha forma unicamente live, Shkodra Elektronike scava nella tradizione della zona di Scutari (città a nord dell’Albania) e Kole Laca fa sua questa tradizione per buttarla fuori e condividercela in chiave elettronica.
Di fatto, un incontro fantascientico tra vecchio e nuovo, canti popolari che si contaminano dei giri elettronici e virtuosi di Kole Laca, e nei quali vale la pena perdersi anche se non è la nostra tradizione: insomma, musica tradizione per alieni.
Roberto Attanasio
Parte dall’elettronica e dall’utilizzo di una piccola tastiera midi, Roberto Attanasio, che si sposterà poi definitivamente su un verticoda, è oggi uno dei pianisti neo-classici più interessanti della scena in Italia.
I suoi sono articolati viaggi emotivi non adatti ai deboli di cuore. Se non sapete da dove partire per l’ascolto della sua (mediamente vasta) produzione, concentratevi sul suo Isolated, ma solo se siete dei solitari dall’animo notturno.
Si tratta di un album in otto capitolo che esplora emotivamente il tema dell’isolamento. Straziante al punto giusto.
CRLN
Difficile considerarla una vera e propria pianista, ma è altrettanto difficile immaginare CRLN (da leggere Caroline, se non volete finire con l’avere il singhiozzo) lontana da quei suoi synth.
Se vi è capitato di vedere il suo video #NoFilter su Rockol, avrete anche modo di vedere che rapporto meraviglioso e intimo ha la ragazza di San Benedetto Del Tronto con la sua tastierina preferita.
Insomma, in un elenco di maghi dei tasti, abbiamo anche la nostra strega. Sincera, pura, una voce limpida, da bambina, libera dalle impostazioni dello studio: vi spezzerà il cuore.
Rosario Di Rosa
Reduce dalla pubblicazione del suo nuovo Crossroad Blues, Rosario Di Rosa s’impone come il capostipite e punto di riferimento in questa neo-scena che stiamo descrivendo fatta di pianisti folli e teste calde.
Riduttivo sarebbe parlare di jazz, perchè nell’esperienza musicale di Rosario Di Rosa (esperienza non è una parola che usiamo a caso, essendo il suo Crossroad Blues una vera e propria trance musicale) coesistono elettronica e persino qualche richiamo rock anni Settanta.
Le vostre orecchie non hanno mai sentito qualcosa di più strano, e vi ringrazieranno per questo.
Fabrizio Paterlini
Pianista per vera e propria vocazione. Dopo aver militato in varie formazioni che spaziano dal rock al jazz, Fabrizio Paterlini decide infine di concentrarsi unicamente sullo strumento del pianoforte (e non potremmo esserne più felici).
Inserendosi perfettamente nella scena neo-classica più commerciale (banalmente, stiamo parlando di Ludovico Einaudi), Paterlini ha della sua una serenità estrema, rara e appagante.
In un’intervista afferma: Più scavi e conosci autori di questa corrente, più ne apprezzi le sfumature: la malinconia per alcuni, la gioia di vivere per altri, la curiosità di altri ancora. E’ un genere che amo molto, sono fan di molti dei miei “colleghi”!
Dardust
Decisamente il nome pop della lista. Di fatto il primo progetto italiano (o comunque il primo diventato praticamente mainstream) che riesce a unire il mondo pianistico minimalista all’attuale immaginario elettronico di matrice nord europea.
Il consiglio è quello di ascoltare il suo ultimo “Birth”, ma per questa strana playlist scegliamo il nuovo successo/tormentone “Soldi” di Mahmood, brano vincitore dell’ultimo festival di Sanremo, di cui Dardust ne ha curato la produzione artistica insieme all’altrettanto celebre Charlie Charles (cioè avete presente il responsabile del sound di Ghali e Sfera Ebbasta?).
Ma ve li immaginate in studio insieme quei due?
Paolo Conte
Maestro indiscusso, e degna conclusione!
di Smoking Area